Storia del Palazzo di Giustizia

La manifattura di stoffe nel monastero

Da un documento a noi pervenuto - 1801 febbraio 21 - risulta che una parte del monastero fosse, in questa data, ceduta agli amministratori dell'ospedale civile per farne "deposito degli effetti spettanti agli ospitali militari". Ma dovette essere una sistemazione provvisoria, dato che nel 1802 il cittadino Leonardo Prenesi fu Giuseppe - abitante in porta Orientale parrocchia S. Pietro in Gessate - in seguito ad una petizione, ottenne dal ministro dell'Interno l'affitto di una parte del monastero di S. Prassede - abitato in quel momento dalle monache di S. Radegonda - e dei suoi diritti di acqua, per "erigere una fabbrica di stoffe di cotone e lino", versando un affitto della durata di ventisette anni a lire 1200 annue, da pagarsi in due parti uguali a Pasqua e al 7 di settembre, festa di S. Michele, a partire dal 1803. Ciò in seguito a un accomodamento dovuto alla relazione degli ingegneri d'ufficio Besana e Prada, che avevano, tra l'altro, suggerito di porre alcune condizioni - accettate dall'affittuario - come quella di accollarsi tutte le riparazioni presenti e future, quella di presentare "il progetto della manifattura e del quantitativo degli operari da impiegarsi", progetto che doveva essere determinante e vincolante nel contratto d'affitto, per avere assicurazione dell'utilizzo di un ragguardevole numero di persone. E, infine, quella di provvedere al trasloco per far ritornare, nella parte del monastero rimasta libera, le ex monache, alloggiate temporaneamente nel collegio di San Barnaba.

Il 23 febbraio 1805, dopo poco tempo, però, un nuovo affittuario - il fisico Giacomo Gianella - venne in possesso della parte dei locali del monastero di S. Prassede adibita alla manifattura del cotone.

Ci è noto che, in seguito, il Gianella riuscì, per una serie di favorevoli circostanze, ad acquistare il complesso degli edifici in questione, e lo conferma il rogito steso l'8 marzo 1809 dal notaio Carlo Bonifacio Rejna. In esso si annunciava la vendita di parte del monastero di S. Prassede, marcato coi numeri civici 118 e 119, e dei diritti d'acqua da parte del Regio Demanio al dottore fisico Giacomo Gianella - acquirente fuori d'asta del "locale" - al prezzo di L. 86.686.160, da pagarsi L. 43.343.080 il 10 marzo 1809, l'altra parte coi relativi interessi del 5%, corrispondente a L. 2.058.559, il 7 marzo 1810. Il tutto in base alla relazione di stima del 22 luglio1808 stilata dall'ing. Borsini Pestalozza "per continuare la fabbrica di cottone ivi esistente e di collocarvi altre manifatture".

Ma le vicende del fabbricato non erano ancora terminate: gli affari non andavano molto bene al fisico Gianella; egli, infatti, per "formare lo stato" di uno dei suoi figli "educato nel commercio", si era trovato un socio nella persona del "macchinista tedesco Leonardo Brenneisen, il quale aveva ricevuto in affitto dal governo il suddetto locale di S. Prassede per l'esercizio di una fabbrica di cotoni". Ma mentre il Gianella, da parte sua, aveva già versato centomila lire "per macchine ed altri oggetti destinati appunto alla manifattura de' cottoni", il socio era improvvisamente fuggito, lasciando una passività di L. 46.885. Trovandosi così in grave difficoltà il Gianella - con documenti del 23 maggio 1810 e dell'8 luglio 1813 - chiese ed ottenne, dall'"Altezza imperiale di assolverlo dall'obbligo posto nell'istromento di acquisto di mantenere nel locale di S. Prassede una manifattura di cotoni, ed altre manifatture alle quali è assolutamente inabilitato".

Corte di Appello